Uno degli indovinelli che mi faceva spesso mia nonna era: “Asse sopr’asse un’asse non è. Indovina cos’è?” e la risposta era la cipolla. Mi è sempre rimasto in testa fin da piccolo. Sarà perché in casa mia la cipolla era molto usata, cotta o cruda fresca o con la buccia secca. Erano una costante alimentare.
La cipolla rossa cruda e intinta nel sale messo a mucchietto direttamente sulla tovaglia per accompagnare la ribollita o stufata a lungo per il sugo di cipolle per la pasta, sotto la brace ad accompagnare la bistecca e con il fegato alla veneziana. Col baccalà o cruda e fresca ad accompagnare il pane con l’olio, in insalate e in tutti i soffritti e poi saltata ed aggiunta al pomodoro nel quale cuocere le uova. Dolce e intensa pronta ad accettare la sfida del taglio senza lacrime (sempre persa da me) era molto presente.
E per le relazioni sociali come facevate? La risposta più adeguata è “Chi se ne frega”. La sua demonizzazione, come del resto quella dell’aglio, mi fa inorridire.
La cipolla stufata in agrodolce è l’ideale per accompagnare piatti a base di fegato provenienti da ogni animale. Meglio se il fegato è cotto in maniera semplice in padella con poco olio, magari leggermente infarinato, e una foglia di alloro.
Per le cipolle:
- 1 kg di cipolle
- Alloro
- Olio
- 6 cucchiai da caffè di zucchero
- 1 bicchiere di aceto di mele
- Sale e pepe
Pulire le cipolle e, dopo averle divise a metà, tagliare a fette non troppo sottili. Metterle a bagno in acqua fredda corrente per una ventina di minuti.
Scaldare l’olio, aggiungere l’alloro e le cipolle che avrete scolato e tamponato con un panno.
A fuoco vivissimo far saltare velocemente. Abbiate l’accortezza di utilizzare una padella molto ampia altrimenti vi diventeranno mollicce e non manterranno la freschezza della cipolla cruda.
Aggiungere lo zucchero sciolto nell’aceto e appena l’aceto sarà evaporato e lo zucchero comincerà a rapprendersi spegnere il fuoco. Aggiustare di sale e pepe e portare in tavola.