Faraona al vinsanto


La faraona è uno di quei volatili da cortile che a vederlo, quando ancora è in vita, è difficile da definire se bello o brutto. Le carni al contrario sono definibili in un solo modo: ottime.

Animale proveniente in origine dai paesi subsahariani si è adattato perfettamente al nostro clima e alla nostra tavola. Simile per molti versi agli altri gallinacei (anche se gallina non è) ha una carne molto magra e ricca di proteine con una saporosità più intensa rispetto a quella del pollo e con una leggerissima sfumatura di selvatico.

Anche questa fa parte, insieme a tanti altri alimenti, di quella schiera di cibi che per molto tempo non ho mangiato per associazioni del tutto personali di idee, faccio qualche esempio.

La trippa, i sanguinacci, i sambudelli, le animelle, il budellosecco, il lampredotto, i gobbi, le lumache, il cuore… Adesso vivo felice avendo vinto questa mia personale battaglia di privazioni, ho assaggiato tutto quello che prima affermavo non piacermi a scatola chiusa. Devo ammettere che non tutte mi fanno impazzire ma, se me le ritrovo nel piatto, adesso non le lascio.

Questa dinamica cerebrale malata mi rendo conto che è molto comune. Molte delle persone che conosco o con le quali ho avuto modo di parlare riguardo a questi temi fanno quello che facevo io. I pregiudizi, di ogni sorta, sono duri a morire.

Io la faccio così:

  • 1 faraona non troppo giovane
  • 1 spicchio d’aglio
  • un mazzetto di rosmarino e uno di salvia
  • 1 bottiglia di vinsanto semisecco
  • 5 o 6 cucchiai d’olio
  • sale e pepe
  • 2 o 3 scalogni

Far tagliare la faraona in pezzi abbastanza piccoli (ogni mezzo petto dovrebbe essere diviso in 2 o tre pezzi). Che siano presenti assolutamente tutte le ossa e la pelle, questo è categorico.

Fare un battuto molto fine di salvia e rosmarino (a me piace con una leggera predominanza del secondo) e dell’aglio. Deve essere molto fine ma non poltiglia quindi non usate frullatori o altro. Aggiungetevi pochissimo sale. Ma veramente poco.

Fare dei piccoli tagli nei pezzi della faraona e farcire con un pochino di trito. I taglietti quando è possibile devono arrivare fino all’osso.

Tritare gli scalogni e mettere ad appassire con l’olio in una casseruola (quelle di rame sarebbero perfette) capace di contenere su un solo strato tutta la faraona in modo che i pezzi stiano molto vicini. Il fuoco deve essere bassissimo.

Aggiungere la faraona dal lato della pelle e far rosolare per una decina di minuti sempre a fuoco basso, prima di girare salate leggermente e una macinata di pepe. Subito dopo aver girato tutti i pezzi aggiungere, distribuendolo bene, un bicchiere di vinsanto, ancora un poco di sale e di pepe e, se vi è avanzato, un pizzico del battuto con cui avete impillottato la faraona.

Fuoco bassissimo e coperto deve andare per altri 10 o 15 minuti. Rigirate e aggiungete ancora un bicchiere di vinsanto. Ricoprire e lasciar cuocere per altri 10/15 minuti. Continuate così fin quando la faraona non comincerà a staccarsi dalle ossa.

Non deve essere immersa nel suo liquido ma ben colorita e velata di sugo.

A questo punto potete agire in molti modi:

  1. Metterla da parte e servirla il giorno seguente dopo averla scaldata. Come tutti gli umidi sarà ancora più buona. Per la salsa d’accompagnamento guarda il prossimo punto.
  2. Servirla subito mettendola in un vassoio che terrete in caldo accompagnata dalla sua salsa. Per la salsa dovrete, una volta tolto l’animale, alzare il fuoco sotto la casseruola aggiungendo altro vinsanto per regolare la densità della salsa. Aggiustare di sale e di pepe. Passatela ad un colino molto fine strizzando bene.
  3. Soprattutto fate in modo che la salsa avanzi ed usatela per saltare dei tagliolini, o spaghetti alla chitarra, spolverandoli con poco parmigiano. Fa a gara con il sugo d’arrosto piemontese.
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